PEDAGOGIA - MAESTRI E ALLIEVI

MAESTRI E ALLIEVI

Il fulcro dell’insegnamento era la LETTURA DI TESTI = era l’attività principale di apprendimento (Ugo di San vittore diceva “l’inizio del sapere si trova nella lettura“).Testi importanti erano quelli di Prisciano, Donato,Sirio, Aristotele, Platone. La base di ogni disciplina era il LIBRO, da cui si esercitava la lettura, cioè strada maestra per la conoscenza della verità, essa riconosce anche un’autorità = frutto di un INSEGNAMENTO ORALE


COME SI LEGGEVA = la lettura di un testo era complessa, comportava un’analisi minuziosa e approfondita e andava poi esposta e commentata. Ugo di San vittore individuava tre forme di lettura:

  • del docente 
  • dello studente 
  • personale 


LA DISPUTA = È un’altra forma di insegnamento segnava il passaggio dall’argomentazione sulla base dell’autorità alla dimostrazione per mezzo della ragione. Era un momento di discussione in cui si chiarivano contrasti e dubbi (paragonabile oggi alle domande degli allievi).Si fonda sulla dialettica e argomentazione. Le dispute vennero usate nella teologia e filosofia, uno dei primi fu Pietro Abelardo.





LE QUESTIONI = Nate dalle dispute, raccolte in summae = un esempio è la “Summa Theologiae”di Tommaso, costituita da 4 parti fondamentali:

  • Posizione del problema 
  • Esposizione delle opinioni a favore di quelle contrarie 
  • La soluzione del maestro (qui proponeva il suo punto di vista) 
  • La soluzione dei dubbi 


IL MAGISTER = si collocava in una tradizione, deteneva il sapere e doveva trasmetterlo.


Egli doveva sapere di usare dolcezza e severità, benevolenza e rigore. Utilizzava una punizione corporale, Anselmo si opponeva all’uso delle punizioni corporali, rimproverava chi lo usava. Il MAESTRO doveva piuttosto seguire le inclinazioni dell’alunno, invita gli studenti a trovare la verità mediante la ragione, li accompagna e introduce e avvia. 


TOMMASO D’ACQUINO nelle sue opere tratta il tema del maestro, negli anni ci si è domandato se l’uomo possa insegnare ad un altro uomo, D’Acquino rispose che l’uomo ha una capacità causativa, quindi poter insegnare ad un allievo.


AVICENNA = crede che l’azione del maestro sia esclusivamente preparatoria, l’atto di conoscenza dipende dall’intelletto agente, che deriva dall’illuminazione divina, e quindi considera come unico maestro Dio.


VERROÈ = riteneva l’esistenza di un altro intelletto, quello passivo


TOMMASO = riteneva che ogni umano fosse un SOGGETTO AUTONOMO. Vede il conoscere come fulcro di cause interne e esterne, cioè che alcune conoscenze sono già nell’umano, ma si rafforzano con l’esperienza. Ciò avviene per due modi:

  • attraverso l’azione della ragione 
  • attraverso un aiuto esteriore

Per lui il maestro conduce il discepolo alla conoscenza e nessun maestro può andare contro il lume della ragione che è nel discepolo, esso è uguale in ogni individuo = parità tra gli esseri umani. Cambia solo la conoscenza, può essere più o meno ampia. 


IL MAESTRO = può aiutare il discepolo a raggiungere la conoscenza:

  • fornendogli aiuti o strumenti 
  • ordinando il ragionamento del discepolo mediante la logica dimostrativa. Non è quindi un semplice preparatore ma è causa del sapere dell’allievo (come diceva Tommaso).


IL RUOLO SOCIALE DEL MAGISTER 

Nel tardo medioevo la figura del maestro acquistò una crescente importanza. Diventa un mestiere, nel quale serve competenza e autorità. Insegnare era diventata una professione. Lui doveva mantenere un legame tra la sua attività di ricerca e l’insegnamento. La comunità è emersa in una continua ricerca della verità. Il magister aveva un ruolo sociale, sapeva di essere privilegiato. (Esenzioni da obblighi personali e patrimoniali, poteva svolgere la funzione di giudice). La dignità del magistero è grande e rispettata. 

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